Mercoledì – 22 ottobre 2014 – ore 18.00
“Eros Orientale. L’Universo di Kama”
Fabrizia Baldissera
Un latinista (Mario Labate), una psicanalista (Alida Cresti), ‘moderati’ da un italianista (Riccardo Bruscagli) si sono ritrovati il Ottobre presso SpazioA (ordinario dominio di architetti e designers) per discutere di letteratura amorosa orientale con l’indologa/tibetanista/sanscritista Fabrizia Baldissera, autrice del bel volume ‘L’Universo di Kama’ (Einaudi, ‘I Millenni’, 2013). SpazioA conferma così la sua vocazione eclettica, aperta e plurale: il che poi vuol dire curiosa di ciò che hanno da dire, su un determinato argomento, voci provenienti da universi intellettuali e culturali diversi, e talvolta volutamente ‘impertinenti’. Stavolta era in giuoco il modo con cui la millenaria civiltà indiana si è rappresentata e si è raccontata l’universo dell’amore, dell’eros, del rapporto fra i sessi. Durante la serata Fabrizia Balduissera ha tenuto testa, con imperturbata sapienza e disinvoltura, alle domande inevitabili (Cos’è il Kamasutra? Come sta in rapporto la violenza irreparabile dell’eros – notoriamente interclassista – con il sistema indiano della divisione in caste? Ma al di là della stilizzazione letteraria, cosa accade nella realtà concreta della società indiana? Amano, questi Indiani, in modo così diverso da noi?). Si è così appreso che il Kamasutra non è – se non in piccola parte – un manuale di ‘posizioni’ erotiche, e che anche quelle pertengono allo scopo principe della letteratura amorosa indiana, nella sua lunghissima durata (quattromila anni, ormai!): che è quello, tutt’altro che sovversivo, di insegnare come raggiungere la felicità di coppia (anche nel sesso) ad una società tuttora dominata dal costume di matrimoni ‘combinati’, e in cui si cerca di piegare il caso, attraverso l’elaborazione di un assiduo galateo amoroso, ad esiti sperabilmente positivi. L’ars amandi indiana non poteva non suscitare curiosità e domande in Mario Labate, esperto conoscitore dell’ars amandi (e dei remedia amoris) della civiltà latina occidentale. Si apprende così, con qualche sollievo, che Ovidio non è poi così lontano dal Kamasutra: anche lì le figurae Veneris non sono dettate da un banale voyeurismo, ma rispondono piuttosto ad un bisogno estetico, di ‘eleganza’ e raffinatezza nei rapporti d’amore. E più in genere, Labate ha sottolineato tanti punti di contatto tra i codici amorosi orientali e occidentali (il tema della schiavitù dell’amante, il contrasto fra eros come convenzione sociale e passione sregolata), tuttavia mettendo in guarda contro una facile assimilazione dei due mondi, in cui sono proprio i dettagli più sottili e raffinati che fanno la differenza. Dal canto suo, Alida Cresti ha offerto suggestioni di lettura di taglio psicanalitico, affascinata soprattutto dalla emergenza prepotente del ’femminile’ nei testi raccolti da Baldissera: un femminile imperioso, potente, icasticamente rappresentato dalla dominante presenza mitologica della ‘Grande Dea’ (e anche qui, corrispondenze intriganti con il primitivo matriarcato dei miti mediterranei…). Un unico rimorso: nessuno ha posto ad Alida Cresti la domanda – forse – fondamentale: questo mondo Indiano, è – sarebbe – psicanalizzabile? e in che termini? Ma allo SpazioA non si danno, non subito, tutte le risposte; si iniziano discussioni.
Riccardo Bruscagli
Wednesday – oct 22th 2014 – 6.00 pm
“Eros Orientale. L’Universo di Kama”
Fabrizia Baldissera
A Latinist (Mario Labate) and a psychoanalyst (Alida Cresti) — “moderated” by an Italianist (Riccardo Bruscagli) — came together on October 22 at Spazio A (usually the realm of architects and designers) to discuss Asian erotic literature with Fabrizia Baldissera, an indiologist/tibetanist/sanskritist, and author of the beautiful book L’Universo di Kama (Einaudi, ‘I Millenni’, 2013). Spazio A once again proves its eclectic, open, plural nature, which means that here they are curious to hear what voices have to say on a given topic from different intellectual and cultural realms, sometimes deliberately “impertinent.” This time the question was about how the ancient Indian civilization represented and recounted the world of love, eros and the relationship between the sexes. During the evening Fabrizia Baldissera responded to inevitable questions with unflappable knowledge and ease (What is the Kama Sutra? How does the inevitable violence of eros — well-known for being interclass — relate to the Indian caste system? And apart from literary stylization, what happens in the practical reality of Indian society? Do Indians really love so differently than we do?) And so we learned that the Kama Sutra is not (or only in small part) a manual of erotic “positions,” and that they are instead in keeping with the main purpose of Indian erotic literature, over its very long life (already four thousand years so far!), which is not at all subversive: to teach how to reach happiness as a couple (including in sex) to a society that is still dominated by arranged marriages. It seeks to bend chance to hopefully positive outcomes by developing a meticulous etiquette of love. The Indian “art of love” naturally incited Mario Labate’s curiosity and questions, as he is an expert in the “Ars Amandi” (and “Remedia Amoris”) — art of love and love’s remedies — of Western Latin civilization. We were rather relieved to learn that Ovid wasn’t so far from the Kama Sutra. And the De Figurae Veneris were also not just simple voyeurism, but responded to an aesthetic need for “elegance” and sophistication in love relationships. Labate also pointed out more general points in common between Eastern and Western codes of love (such as the theme of the lover’s enslavement, the contrast between eros as a social convention and unruly passion), though he warned against a facile comparison between the two worlds in which the subtlest, finest details make the difference. Alida Cresti then contributed with ideas from a psychoanalytic perspective. She was especially fascinated by how the “feminine” emerged powerfully in the texts that Baldissera collected — an imperious, powerful femininity, visually represented by the dominant mythological presence of the “Great Goddess” (here too there are intriguing correspondences with the primitive matriarchy of Mediterranean myths…). There’s just one thing to regret. No one asked Alida Cresti the (perhaps) fundamental question: Is this Indian world psychoanalyzable, or could it be? And in what terms? But Spazio A isn’t about giving all the answers right away. It’s about starting conversations.
Riccardo Bruscagli